Ieri sera ho preso parte all’incontro “La cosa pubblica!” tenutosi all’Ateneo Veneto, il cui tema principale era la situazione del Fondaco dei Tedeschi a Venezia.
Erano presenti i rappresentanti dell’Associazione 40X, del Coordinamento Io Decido, del gruppo Un Faro per Venezia, il sindaco Orsoni, alcuni assessori e consiglieri, Valentina Zanatta in rappresentanza di Edizione Property SpA (cioè gli attuali proprietari) e Ippolito Pestellini Laparelli in rappresentanza dell’architetto Rem Koolhaas – Studio OMA che si sta occupando del progetto esecutivo per il rinnovamento del Fondaco.
L ‘edificio del Fontego ha una doppia valenza per la città, da un lato il valore storico: struttura cinquecentesca su preesistente fabbrica del Duecento, in stile rinascimentale ma con ancora forti influeze gotico-bizantine, le cui facciate esterne vennero affrescata da Tiziano e da Giorgione, e il cui utilizzo fu sempre di tipo prettamente commerciale, in quanto utilizzato dai mercanti tedeschi per i loro commerci (sia come magazzino sia come uffici per le trattative, ma anche come alloggio per i mercanti stessi); dall’altro lato, il non meno importante valore affettivo o quanto meno di utilizzo pubblico da parte dei cittadini veneziani.
Negli anni Trenta del secolo scorso, l’edificio diventa sede delle Poste e tale resta fin quasi alla fine del Novecento, quando gli uffici centrali vengono spostati a Mestre. Di lì a poco le Poste mettono in vendita la struttura che dopo brevi trattative viene acquistato dal Gruppo Benetton.
Fin qui cose note, così come ben conosciuto è il vincolo per l’utilizzo pubblico dell’edificio, ma la parte più interessante dell’incontro è stato l’intervento dell’architetto Ippolito Pestellini Laparelli, il quale, per la prima volta da quando a Venezia si discute del problema dell’utilizzo del Fondaco, ha illustrato in maniera chiara e precisa il progetto su cui stanno lavorando a Rotterdam. In linea di principio, la struttura diventerà naturalmente un centro commerciale, ma si cercherà di preservare degli spazi ad uso pubblico-culturale. Ad esempio la corte interna sarà attrezzabile come luogo di incontri o di eventi, così come alcune gallerie laterali e il grande spazio all’ultimo piano, affacciato sul Canal Grande. Gli interventi strutturali saranno ridotti al minimo salvo la presenza ingombrante di alcune scale mobili. L’obiettivo insomma è di restituire alla città una struttura a fruizione mista commerciale-cultura, privata-pubblica. L’architetto ha inoltre fatto presente che si creerebbero circa 400 posti di lavoro.
Altrettanto interessanti sono stati gli interventi del pubblico presente. Qualcuno ha fatto notare che alcuni spazi all’interno dell’edificio potrebbere esser utilizzati per sostenere certa attività artigianale locale in forte crisi, come ad esempio quella vetraria. Altri hanno fatto notare che in città è presente una forte componente di giovani universitari per i quali forse sarebbe necessario creare posti di lavoro più consoni ai loro studi che non fare il commesso in un centro commerciale… Insomma il dibattito è stato serrato ed estremamente interessante. C’è sicuramente molto lavoro ancora da fare, ma l’aspetto più convincente è stato vedere che esiste la possibilità di un reale confronto tra le parte, di una applicazione pratica di democrazia partecipata, dove finalmente i cittadini possono esprireme la propria opinione e, quel che è più importante, venire ascoltati.
Non ci resta che continuare a seguire con attenzione le vicende del Fondaco, sperando che non si trasformi nella solita “scatola per turisti”, con i veneziani sempre più relegati nella parte di spettatori delle propria fine.
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